Ovviamente, anche la categoria della piattaforma elevatrice ha una sua normativa. Per altro, abbastanza stringente in quanto coinvolge sia l’installazione che la manutenzione, sia le dimensioni che il carico.
Vale la pena fornire una panoramica esaustiva, fornire informazioni utili affinché i committenti possano innanzitutto vigilare sul lavoro degli installatori, e in secondo luogo verificare l’effettiva possibilità di dotare i propri locali di un dispositivo così importante e allo stesso tempo invasivo.
Cos’è una piattaforma elevatrice e perché è utile ai disabili e agli anziani
Per parlare della piattaforma elevatrice e della sua normativa è necessario inquadrare bene l’argomento. Ovvero, spiegare scopi, funzionalità e peculiarità del dispositivo.
A primo acchitto, la piattaforma elevatrice è esattamente ciò che suggerisce un nome. Una superficie che si eleva e permetta a cose e persone di raggiungere svariate altezze. Lo scopo è dunque supplire all’impossibilità di percorrere le scale, così come all’assenza dell’ascensore piuttosto che a una incompatibilità con le necessità dell’utilizzatore. Dunque, è appannaggio soprattutto degli anziani, che quasi per definizione fanno fatica a salire le scale, e delle persone che soffrono di disabilità motorie.
Le piattaforme elevatrici sono imponenti, dunque vengono installate all’esterno dell’edificio. Non a caso, sono note anche con il nome di “ascensore esterno”.
In genere, vengono installate quando soluzioni meno invasive non possono essere adottate. Il riferimento è ai montascale, che possono essere a poltroncina o a pedana (in questo caso prendono il nome di servoscala). Lo scopo è identico, le dinamiche del tutto diverse.
La piattaforma elevatrice si muove dal basso verso l’altro (e viceversa), esattamente come un ascensore, e non coinvolge le scale. Il montascale è collegato a un binario che scorre in parallelo alle scale, in posizione sopraelevata.
Non sempre è possibile montare dei montascale. Per esempio, quando le scale sono troppo strette o troppo curve. Anche il rifiuto espresso dagli altri residenti, qualora si abitasse in un condominio, può risultare ostativo. Non tanto dal punto di vista legale, quanto “sociale”. Spesso, si getta la spugna semplicemente per non esacerbare gli animi.
In tutti questi casi, la piattaforma elevatrice rappresenta una soluzione definitiva. Certo, richiede un esborso leggermente maggiore e richiede persino delle piccole opere di muratore (per collegare la piattaforma all’interno dell’edificio). Soprattutto, è soggetta a una normativa se possibile ancora stringente.
La normativa sulle piattaforme elevatrice per disabili
Dunque, cosa dice la normativa? In primo luogo, occorre dare qualche riferimento legislativo. Le norme di riferimento sono la UNI EN 81-41, di origine comunitaria, e il Decreto Ministeriale n 236 del 1989.
La prima disciplina l’installazione e la conformazione di tutte le piattaforme elevatrici, a esclusione di quelle che operano negli ambienti chiusi. Il decreto, invece, parla dell’argomento in maniera più estesa e approfondita.
Va considerata anche una norma solo all’apparenza meno importante, ovvero la Direttiva Europea n. 42 del 2006. Essa, infatti, disciplina alcuni parametri particolari come la velocità. Per inciso, questa non deve andare oltre i 15 metri al secondo. Tradotto in soldoni, le piattaforme elevatrice non possono metterci meno di 20 secondi per passare da un piano all’altro. Può sembrare un lasso di tempo abnorme, ma è il minimo per garantire la necessaria sicurezza.
Altrettanto importante è il tema delle dimensioni della piattaforma elevatrice su cui la normativa non lesina indicazioni.
A tal proposito, occorre fare una distinzione tra:
- Immobili di nuova costruzione
- Immobili esistenti
- Immobili a uso residenziale
- Immobili di carattere pubblico
Ebbene per quanto concerne riguarda le nuove costruzioni:
- Se l’edificio è residenziale, la piattaforma deve essere larga almeno 95 e lunga 130 cm. Inoltre le porte devono avere una luce di almeno 80 cm.
- Se l’edificio è di carattere pubblico, la piattaforma dev’essere larga almeno 110 cm e lunga 140. Anche in questo caso, poi, la luce deve essere di almeno 80 cm.
Discorso parzialmente diverso se si interviene su un edificio esistente. Nel caso specifico, non vi è distinzione tra edifici residenziali ed edifici pubblici. La piattaforma dev’essere come minimo 80 x 120 e avere una luce non inferiore ai 75 cm.
Queste differenze, per quanto all’apparenza strane, sono fisiologiche. I contesti pubblici, proprio per il ruolo che esercitano, devono fornire garanzie superiori. Inoltre, i parametri degli edifici esistenti sono più accomodanti per un motivo semplice: intervenire sarebbe molto costoso, se non impossibile, e ciò sarebbe in contrasto con il diritto dell’utilizzatore alla piena mobilità.
E per quanto concerne la manutenzione? Ebbene la normativa suggerisce la necessità di procedere con le manutenzioni ogni due anni. Tuttavia, se la piattaforma è utilizzata con frequenza, il consiglio è di procedere con la manutenzione almeno una volta ogni sei mesi.